Articolo de il7-Marco Settembre su ProNews.it

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Voltan, le trame che (ci) connettono all’ineffabile

de  il7-Marco Settembre

Non bisogna confondere la mappa col territorio, come ammoniva G. Bateson: però, quando il territorio è l’inconoscibile immensità, tra essa ed i segni che la identificano su una certa porzione di spazio più controllabile si stabilisce una relazione misteriosa, carica disegrete corrispondenze baudelairiane. In Via Braccio da Montone 93, alla rinomata galleria La Stellina Arte Contemporanea (già Whitecubeal Pigneto), dal 23 Gennaio 2013 all’8 Marzo è stato in mostra l’ambiente site specific creato da Nicole Voltanassecondando il genius loci dello spazio cubico bianco della galleria. Dopo “Sistema Entropia”, l’artista veneta, adusa a confrontarsi con tematiche che intrecciano Arte e Scienza, si ripropone al pubblico romano con un progetto di respiro incommensurabile: con le sue 88trame, qui si viene ricondotti, a rischio di verti-gini, alla consonanza segreta tra noi umani, l’8 dell’infinito, e l’88, numero delle costellazioni riconosciute dall’Unione Astronomica Internazionale. Nicole Voltan, ripercorrendo con volontà demiurgica le traiettorie dello sguardo degli antichi uomini, che collegando quelle luci lontane individuarono le proiezioni, le effigi dei loro miti, tesse metonimicamente il Cosmo, ricamando materialmente su supporti ricoperti di mica come se fosse stardust, usando aghi, seta e le misure proporzionali fornite dagli astronomi, strutture a cui possiamo legarci solo proiettandoci verso l’assoluto. Eppure la sfida è vinta, perché la minuziosa tessitura – con gli aghi puntati sul supporto come sottilissimi dolmen alieni fissi sulla superficie di un suolo extraterrestre – ci consente di sentirci in connessione con l’estremamente piccolo di quei fili – inondati dalla luce radente, magica, di strip led – e con l’estremamente immenso, l’incredibile disegno ravvisabile negli spazi profondi. Si tratta infatti di un ambiente immersivo, sia pure composto da pezzi acquistabili singolarmente, in cui la sinestesìa è stimolata da un peculiare uso della luce, che guida e incrocia appunto il raggio dei nostri sguardi sussurrando il silenzio delle apparizioni nellapenombra del raccoglimento. I confini fisici minimali tra gli elementi dell’opera si espandono metaforicamente in favore di una ragnatela argentea che fornisce punti di riferimento poetici felicemente accettati dallo spettatore reduce magari dalle ruvide opacità quotidiane. Per continuare a leggere clicca qui