Intervista ad Olivier Delporte

Quando e come nasce l’artista Olivier Delporte?

Posso dire di aver respirato arte fin dalla mia infanzia. Ho cominciato a dipingere all’età di sei anni. Pochi anni più tardi è arrivata anche la passione per la scultura. I miei primi passi hanno seguito le orme di Michel Buquet.
A ventiquattro anni finalmente arriva la decisione di fare “sul serio”, di mettere l’arte al centro della mia vita. Per questo mi sono iscritto alla facoltà di arte di Amiens che per me si è rivelata un tesoro di insegnamenti. Lì ho imparato come prima cosa che l’arte è qualcosa che si può “imparare”. E non mi riferisco solo alle discipline artistiche o alle basi tecniche della creazione ma anche alla fase precedente ossia quella della concettualizzazione. Perché il lavoro artistico inizia ancora prima, nell’idea e nel pensiero. E si impara anche ad organizzare il pensiero, a strutturarlo.

Chi considera i suoi veri maestri?

Il primo nome è quello di Maider Fortune, la mia prima insegnante di arte video, colei dalla quale ho appreso le basi per il mio lavoro futuro. Poi quello di Francoise Parfait, una delle più conosciute e apprezzate teoriche dell’arte video.
Tra i grandi artisti del passato un modello sempre presente nelle mie realizzazioni è Vito Acconci, sia per il suo interesse all’uomo nello spazio sia per le influenze della cultura zen presenti in tutte le sue opere.

In seguito vengono Yves Klein, Gutai, Marina Abramovich, Dennis Oppenheim, le cui opere sono tutte incentrate sulla figura umana in movimento ed ancora Nam June Paik e Wolf Vostell, gli assoluti pionieri dell’arte video. E poi artisti di altre discipline, di altri mondi che non necessariamente appartengono all’arte contemporanea come Buster Keaton e più in generale, tutto il mondo del movimento per eccellenza, quello della danza, che è protagonista di molte mie realizzazioni.


Parliamo adesso di influenze di diversa natura. Lei spesso afferma che lo zen è spesso alla base delle sue opere. Come mette in rapporto una filosofia orientale, permeata di misticismo, con l’arte video, fatta di pixel, numerizzazioni, filtri dell’immagine?

Il rapporto sta innanzi tutto nel significato stesso del mio fare arte ossia nella ricerca, ricerca di quella dimensione profonda che certe dottrine occidentali chiamano verità, sapienza o fine ultimo, e che le orientali definiscono illuminazione, Buddhità, natura di Buddha. E’ comunque per tutte quell’esperienza improvvisa e profonda che consente la "visione della vera realtà delle cose". La filosofia zen la chiama Satori, (Comprensione della Realtà) concetto su cui fonda il proprio insegnamento. Ecco ciò che io cerco nelle mie video performance: il mio Satori, il mio punto ottimo. Questo spiega la presenza costante di elementi quali la luce abbagliante e improvvisa che si manifesta sottoforma di flash, l’acqua e il suono del suo scorrere, il gioco dei chiari e delle penombre.

E poi c’è un altro concetto fondamentale del buddismo zen che si percepisce chiaramente nelle mie realizzazioni, quello di ciclicità. L’idea dell’esistenza umana come un ciclo infinito di nascita e morte, come un susseguirsi di vite dopo vite che sta alla base della filosofia zen così come del buddismo in generale, si traduce nelle mie video performance come un riproporsi della stessa situazione, che è sempre una situazione di movimento, in contesti diversi. Nella “Chute” un uomo cade sette volte ma in sette luoghi diversi. L’azione che “accade” è la stessa ma è come se avvenisse in sette vite diverse.


Lo zen è indubbiamente permeato di uno spiritualismo straordinario ma è anche una dottrina di un rigore e di una disciplina estreme. Penso per esempio ad alcune sue manifestazioni come ad al judo che pure fa parte del mio bagaglio passato. Nel judo ogni movimento è codificato. Non c’è possibilità di modifica o di interpretazione. È un po’ come nella danza dove ogni movimento viene, secondo un termine francese che non ha equivalente in italiano, “notifié” (qualcosa simile appunto a codificare, fissare nello spazio).


Uno dei fondamenti del judo insegna che il nostro corpo nasce in equilibrio, in perfetta armonia con l’equilibrio universale, ma che ogni movimento che facciamo, anche i più naturali come camminare o correre, rompono quest’equilibrio portando ad un disequilibrio o ad uno squilibrio che ha come conseguenza estrema la caduta. Ogni movimento del corpo umano porta ad una di queste condizioni che si alternano ciclicamente. Anche la caduta fa parte di questo ciclo. Il judo moderno interpreta la caduta (ukemi) come parte integrante del combattimento In realtà si tratta di una vera e propria tecnica per permettere al corpo di scaricare l'energia cinetica accumulata durante la proiezione. Non è arresto, fine, morte ma continuazione.


Credo sia consapevole di fare un genere artistico, quale quello dell’arte video, per certi aspetti ancora poco compreso e apprezzato a livello del grande pubblico. Come vede la video art nel futuro?

Credo che tra venti o trent’anni non solo il pubblico di massa ma anche i collezionisti si interesseranno all’arte video, acquisteranno opere di art video, esattamente come i mecenati del Rinascimento facevano qualche secolo fa con le opere di pittura o di scultura.

Concettualmente l’Arte video è come una pittura o una scultura, non c’è differenza. Pensiamo ad un’immagine video, ad esempio. E la riproposizione di un’immagine, proprio come un dipinto. L’unica differenza è che si tratta di un’immagine in movimento. E questo porta a considerare come parte integrante dell’opera anche le attività precedenti al suo compimento come la fase della ripresa del soggetto e quella, successiva, della creazione del video al computer. Quando registro un’immagine sulla mia videocamera questa diventa un prolungamento del mio corpo, proprio come il pennello nella mani del pittore rinascimentale.


Mi piace pensare che la video art sarà la forma d’arte del futuro. E’ una forma d’arte del tutto rivoluzionaria. Il concetto di utilizzare simboli di una società allo scopo di criticare la società stessa non è cosa nuova, come la pop art stessa ci insegna. Ma la video art va oltre. Utilizza i simboli del nuovo millennio, ossia le tecnologie avanzate, ma cambiando completamente di segno al loro significato. In una società quale quella attuale dove le nuove tecnologie sono delle serve della velocità, la aiutano e la implementano, la video art le utilizza per scomporre il movimento, allo scopo di studiarlo, di analizzarlo e, ove necessario, anche rallentarlo.